Associazione Storica di Badolato "Benedetto Croce"


FEUDATARI


Badolato nel corso di quasi 800 anni ha avuto molti signori feudali, tale investitura o carica infatti, ratificata col contratto feudale, consisteva nell’esercizio indiscusso dei poteri fiscali, militari, e giurisdizionali, su di un territorio loro concesso, e l’ importanza del titolo nobiliare dipendeva dalla grandezza del territorio che il feudatario doveva gestire.

Il feudalesimo ha avuto praticamente origine e massima espressione con l’impero Carolingio di Carlo Magno, nell’814.

La società Carolingia è infatti rurale, gravita attorno alla chiesa, ed è governata dal padrone della grande proprietà terriera.

Il sistema feudale sviluppatosi inizialmente in Borgogna e Loira, si estese in breve a tutta l’Europa, presentandosi come una società militare e agricola al tempo stesso, la proprietà fondiaria diventa col tramonto dell’impero Romano l’ unica garanzia di sussistenza per quanti si mettono sotto la protezione di un grande latifondista.

E’ con l’aumentare delle guerre, delle scorribande, dei saccheggi e uccisioni, aumentano i contadini che si rifugiano presso i castelli, o le grandi ville padronali dei potenti che possono difenderli.

Il termine feudo, sta ad indicare così il beneficio che il vassallo ottiene dal suo signore, si tratta di un territorio concesso in cambio di determinati servigi militari, come ad esempio l’ aiuto con armati in caso di guerra, fedeltà, assistenza, e il pagamento di tributi.

La terra concessa in beneficio, non diveniva però una proprietà privata, ma solo un usufrutto vitalizio, al termine del quale poteva essere revocato dal sovrano o benefattore.

Ma è solo successivamente, con il capitolare di Kiersy nell’877 che si consenti ai feudatari di trasmettere ai propri figli la terra, e quindi il titolo nobiliare ad essa legata.

Analizzando in generale i titoli nobiliari-feudali, si nota come nell’altomedioevo il feudo si configurò un attributo non assoluto ma relativo, poteva essere concesso non solo al Re, ma anche dal principe.

Il successore entra così nella pienezza delle sue funzioni nel momento in cui viene a mancare il suo predecessore, (trono vacate).

Questa successione ha sempre carattere legittimo, regolata dalle leggi statutarie, è sottratta a ogni volontà personale.

La successione avviene sulla primogenitura maschile, il diritto al trono e al feudo era fondato cosi unicamente sullo status familiare.

Il sistema feudale è gerarchico, infatti il Re era maggiorenne a 18 anni, e doveva dimostrare di avere capacita di regnare, veniva perciò educato in modo rigoroso a questo solo compito fin da bambino, prima di sedersi sul trono prestava giuramento allo statuto che si impegnava a rispettare.

Tale figura rappresenta il massimo status raggiungibile da un laico, tutt' oggi in Europa la maggior parte degli stati sono Regni costituzionali.

Il titolo di Principe deriva invece dalla parola latina “princeps”, che significa il primo.

Titolo molto prestigioso nella scala gerarchica nobiliare, secondo solo a quello di Re.

Particolari sono il titolo di principe ereditario, spettante ai membri di una Casa regnante, al quale spesso si accompagna la denominazione di Altezza Reale, o imperiale.

Il principe ha poteri su un principato, che per estensione ed importanza è un piccolo Regno.

Il Duca, è un titolo invece di origine Longobarda, e deriva dalla parola latina Dux.

Titolo assai elevato, il duca aveva potere su un ducato, territorio leggermente inferiore al principato, egli poteva però essere praticamente un sovrano autonomo.(alcuni ducati storicamente erano ricchi e armati come principati.)

Il titolo è trasmissibile agli eredi, e occupa nella scala nobiliare il terzo posto, collocandosi tra Principe e Marchese.

Il titolo di Marchese, deriva dal termine mark- (confine) essendo inizialmente coloro preposti alla difesa dello stesso.

Il titolo trasmissibile agli eredi, appare con l’impero Carolingio, e si colloca nella scala nobiliare al quarto posto, tra Duca e Conte.

Il titolo di Conte invece, solo con il feudalesimo divenne titolo nobiliare di media importanza.

Il termine deriva dalla parola latina (Comites- compagni) erano infatti inizialmente i compagni di viaggio del sovrano, collaboratori che godevano della piena fiducia del Re.

Titolo trasmissibile agli eredi, si colloca nella scala nobiliare al quinto posto tra Barone e Marchese, il Conte aveva potere sulla contea, territorio poco più piccolo del marchesato.

Il Visconte, era invece un titolo che deriva  dalla parola latina (vices-vici) essi sorsero sotto i Franchi, quando i conti ebbero necessità di nominare a loro volta alcuni delegati, appunto vices, che dovevano sostituirli in alcune funzioni, la nomina revocabile, terminava con la morte del nominato.

 Ma è soltanto col feudalesimo che tale nomina divenne titolo nobiliere, scarsamente diffuso in Italia, ha invece trovato maggiore uso in Inghilterra e Francia.

Il Barone è invece un titolo al quale nell’ordinamento feudale Italiano spettava la piu’ ampia potestà di giurisdizione sui territori loro concessi, il diritto di guerra, di esigere tributi, e batter moneta.

In alcuni stati europei, come ad esempio la Germania, addirittura i baroni erano ricchi e potenti quanto i principi, e le loro corti facevano invidia ai Re.

I baroni che avevano un potere illimitato sulla baronia, spesso storicamente alcuni di loro si resero artefici di complotti contro il sovrano e l’ordine preposto, come la famosa congiura dei baroni.

Questo titolo nella scala nobiliare si colloca al sesto posto, tra Conte e nobile.

Il nobile è invece il grado più basso tra i titoli nobiliari, consiste infatti nella cosi detta nobiltà generica, attribuita alla famiglia, essa poggia sul cognome della famiglia, ed è trasmissibile, mentre quella a persona si acquisisce con l’ appartenenza a un ordine cavalleresco, che preveda il grado nobile.




FAMIGLIE FEUDALI DI BADOLATO



Nei documenti privati gli accenni alla territorialità della giurisdizione del feudo di Badolato sono numerosi.

Notizie sicure si hanno pure sulla trasmissione feudale, conservate all’archivio centrale di stato di Napoli, sui registri relativi alle petizioni della Calabria Ultrà.

Il feudo di Badolato era ereditario e divisibile, secondo le leggi successorie generali, e non solo nella linea primogeniale.

La donazione implicava il vincolo morale e giuridico della riconoscenza, per questa ragione l’infedeltà manifesta col rifiuto del giuramento richiesto, era punita con la decadenza del beneficio.

Il feudo di Badolato era a vita, con la morte del feudatario l’erede ripigliava i beni mediante il pagamento di una tassa denominata relevium.

Con una decisione del 15 marzo 1611, si stabilì che trascorso un anno dalla morte del feudatario, l’erede doveva pagare il relevium duplicato, (cfr. de Saris, codice delle leggi del Regno di Napoli, libro 4, titolo 2 n. 216).

Le commendazioni avevano luogo principalmente col Re, che soleva proteggere sub mundeburde vel defensione regia, quei nobili che si commendavano per ricevere difesa e guarentigia.

E’ indubitabile che alla signoria politica si collegavano i censi, le enfiteusi, ( per effetto delle quali si era tenuti a servire in guerra i padroni.)

I feudatari esercitavano direttamente o per delegazione, la giurisdizione dominicale sui propri sudditi, e quella patrimoniale sui casali e le terre concedute, come conseguenza del possesso del suolo.

Il feudo di Badolato è stato un classico esempio di baronia che comportava, ex jure optimo il diritto di esigere i tributi e i dazi era a dire il vero esercizio diretto dei poteri regali, assoluta emancipazione delle autorità pubbliche, centro economico e amministrativo della giustizia.

Dopo la riforma amministrativa del 1564 l’ordinamento pubblico del feudo di Badolato raggiunse la forma di un governo fondato sulla libera elezione dei funzionari municipali, acquistando così la fisionomia di uno stato di diritto, fondato su regolamenti e leggi che indicavano quanto spettava a ciascuno degli ufficiali nello svolgimento dei compiti assegnati, per evitare abusi di vario genere, e per garantire la pacifica convivenza tra tutti gli abitanti, in ordine alle esigenze della vita sociale ed economica.

I feudatari di Badolato avevano così il potere di riscuotere, attraverso i funzionari dell’amministrazione patrimoniale, tutte le rendite che derivavano loro dai vari cespiti, comprese le proprietà terriere, concesse in fitto o a censo perpetuo.

Badolato venne fondata da Robberto il Wiscardo il 1080, passò poi a Filippo de Badulato, che possedette il feudo nel 1271, gli successe poi Ruggero di Lauria nel 1287 che avviò inoltre la costruzione di un primo fortilizio difensivo in legno, e della prima cinta muraria del borgo.

Il feudo passò poi alla potente Casata dei Ruffo nel 1296, che trasformò il primitivo fortilizio di legno, in un castello in muratura inespugnabile.

Badolato passò successivamente anche ai Sanseverino, agli Amato o de Amato, passò poi attorno al 1455 ai Toraldo con Giorgio, al quale rimase fino al 1595.

Nel 1595 Badolato divenne della Casata Borgia, che lo tenne brevemente fino al 1596 quando fu acquistato dai principi Pignatelli, e successivamente dai Ravaschieri principi di Belmonte, che lo possedettero fino al 1658, data dopo la quale fu ceduto ai Gallelli, che l’amministrarono per ultimi, fino alla eversione della feudalità, avvenuta il 1806.

 

 

ROBERTO IL GUISACARDO

 

Badolato fu fondata nel 1080 da Roberto il Giuscardo primo duca di Calabria.

Badolato fu fondata nel 1080 da Roberto il Giuscardo primo duca di Calabria, detto il Guiscardo cioè l'Astuto, (Hauteville-la-Guichard 1025 circa –Cefalonia,17 luglio 1085) è stato un condottiero, conte e duca normanno, figlio di Tancredi d'Altavilla e della sua seconda moglie Frensenda (o Fredesenda). Fu conte di Puglia e Calabria alla morte del fratello Umfredo (1057). In seguito (1059) fu investito da papa Niccolò II del titolo di duca di Puglia, Calabria e Sicilia.

La venuta in Italia. Il 1047 fu l'anno della venuta in Italia di Roberto, sesto figlio di Tancredi e primo nato dalla seconda moglie Fresenda. Secondo la storica bizantina Anna Comnena, egli aveva lasciato la Normandia con un seguito di appena cinque cavalieri e trenta avventurieri a piedi e all'arrivo nell'antica Langobardia si era messo a capo di una compagnia errante di briganti e predoni. Anna Comnena ci offre anche una straordinaria e dettagliata descrizione fisica del personaggio:

 

«Codesto Roberto era discendente dei Normanni, di stirpe minore, di temperamento tirannico, astuto di pensiero e coraggioso nell'azione, estremamente ingegnoso nel pianificare attacchi alle ricchezze di facoltosi possidenti e ancor più ostinato nel metterli in pratica, poiché egli non tollerava alcun ostacolo alla realizzazione dei propri disegni. Era di statura notevole, tale da superare anche i più alti fra gli individui, aveva una carnagione rubiconda, capelli di un biondo chiaro, spalle larghe, occhi come scintille di fuoco, e nel complesso era di bell'aspetto…Si racconta che il grido di quest'uomo avesse messo in fuga intere moltitudini. Siffattamente dotato dalla fortuna, dal fisico e dal carattere, egli era per natura indomabile, mai subordinato ad alcuno.»

La prima campagna d'espansione del Guiscardo era cominciata poco prima, nel giugno del 1059, in coincidenza con l'apertura dei lavori del Concilio Melfitano. Roberto si pose a capo di un esercito e marciò sulla Calabria, compiendo così il primo tentativo di sottomissione di quella provincia, ancora saldamente in mano bizantina, dai tempi della campagna di Guglielmo Braccio di Ferro e Guaimario di Salerno. Recatosi a Melfi per ricevere l'investitura ducale del Mezzogiorno, fece rapidamente ritorno in Calabria, dove le sue armate tenevano sotto assedio Cariati. Al suo arrivo la città si arrese e prima dell'inverno anche Rossano Calabro e Gerace caddero nelle sue mani. Qui nel 1073 dopo la conquista normanna, a Roberto il Guiscardo viene attribuita la fondazione di un Castello, il castello di Corigliano, faceva parte della fitta rete di fortificazioni con cui il re normanno controllava le città, intorno si sviluppò il borgo di Corigliano Calabro.Quando ormai ai Bizantini non restava che la sola Reggio, Roberto tornò in Puglia, dove cercò di rimuovere le guarnigioni greche dai castelli di Taranto e Brindisi. Di nuovo in Calabria si riunì al fratello Ruggero e si lanciò alla conquista di Reggio, caduta dopo un lungo e difficoltoso assedio al quale seguì la presa di Scilla, una cittadella fortificata in cui avevano trovato rifugio le guarnigioni reggine. A questo punto la strada verso la Sicilia era ormai spianata. Il primo attacco all'isola fu sferrato a Messina, contro la quale il Guiscardo inviò inizialmente un piccolo contingente, subito respinto dalle difese saracene. Non disponendo ancora di un esercito d'invasione adatto all'impresa, Roberto decise di prepararsi al rientro in Puglia, messa sotto attacco da un nuovo contingente bizantino inviato dall'imperatore Costantino X. Nel gennaio del 1061 la stessa Melfi fu cinta d'assedio e Roberto in persona fu richiamato in patria. L'imponenza della sua macchina bellica mise in fuga i Bizantini e già nel maggio di quell'anno la regione fu pacificata.

                                             

 

FILIPPO DE BADULATO

 

Filippo uomo d’azione audace e intraprendente, fu titolare del feudo di Badolato dall’avvento degli Angioini, fino al 1271.

Nel giugno 1269 sessanta armati di ventura, al soldo del conte Ruffo di Catanzaro, per ordine di questi, presero a saccheggiare e ammazzare, con incessanti scorribande i territori sotto la giurisdizione della baronia di Badolato.

Per porre fine alle incursioni delle sue bande armate, Pietro Ruffo pretese da Filippo il pagamento triennale di 800 once d’oro, ma Filippo non cedette al ricatto, e cosi tra i due feudatari ebbe corso una guerra durata due anni, costituita inizialmente da scaramucce e imboscate con perdite da entrambe le parti.

Ma nella prima settimana del maggio 1270, l’esercito di Badolato perse la battaglia campale contro le più numerose armate del conte Ruffo di Catanzaro, e così i Badolatesi furono costretti a chiudersi tra le mura fortificate del borgo, per resistere a un assedio protrattosi diversi mesi.

Il barone Filippo de Badulato per evitare l’umiliazione della resa, giocò la sua ultima carta, chiedendo aiuto al Re, affinché intercedesse presso il conte Ruffo, e lo convincesse a desistere.

Ma prima che il Re potesse fare o dire qualsiasi cosa, il potente conte Ruffo era riuscito a creare una breccia nella porta maggiore del borgo, e quindi a entrarvi alla testa di 900 fanti, e 600 cavalleggeri pesanti.(bisogna ricordare che all’epoca i dispacci erano portati da messaggeri a cavallo, e tal volta tra una richiesta e la risposta potevano passare diverse settimane.)

La conseguente resa del castello, ultimo baluardo di Badolato, fu cosi’ incondizionata, e il feudo rimase al Casato Ruffo, passando da un ramo all’altro della famiglia, praticamente fino al 1451.

 

 

RUGGERO DI LAURIA

 

Ruggero Di Lauria (Lauria,17 gennaio1245Valencia,1305) è stato un ammiraglio italiano, al servizio dei sovrani Aragonesi, fra i più celebri del suo tempo. Secondo altre fonti la grafìa del nome sarebbe stata, all'epoca, Ruggiero. Figlio di Riccardo di Lauria (barone dell' omonimo feudo, Gran Giustiziere del Regno e zio di Manfredi di Svevia) e di Donna Bella, nutrice di Costanza di Hohenstaufen. Dopo la decapitazione dell'imperatore Corradino di Svevia, si rifugiò a Barcellona con altri esuli siciliani e visse con la madre Bella alla corte dell'infanta Costanza. Nel 1266 fu armato cavaliere dal re Pietro d’Aragona con Corrado Lancia, che parteciperà a molte imprese insieme a Ruggero e di cui diverrà, più tardi, cognato. Nel 1282 venne nominato capo della flotta del regno aragonese di Sicilia, servì Pietro III, Giacomo II e Federico III riportando numerose vittorie contro le flotte degli Angioini. Fra le più importanti delle quali il piano per attaccare la Sicilia insorta contro gli Angioini durante i Vespri Siciliani nel 1282.
Il 3 e 4 settembre 1285 sconfisse Filippo III di Francia («Filippo l'Ardito») nella Battaglia navale delle Formiche, durante la crociata contro la Corona d'Aragona. Nel 1284 e poi nel 1287 nelle
Battaglie navali di Castellammare vinse la flotta angioina comandata da Carlo lo Zoppo, che venne da lui fatto prigioniero; nella seconda battaglia l'ammiraglio sconfisse addirittura i nemici, sebbene non avesse che 40 navi contro 80 del nemico. Dopo la seconda vittoria, Ruggero, senza                                                                                                                                               autorizzazione del re e solo per avidità di danaro, vendette al conte D'Artois e al cardinal Gherardo, una tregua. Più parti riportano come questa tregua fosse stata dannosa per la Sicilia, che avrebbe potuto altrimenti sfruttare la vittoria, approfittando anche della vacanza della Santa Sede. Eletto nel 1295, l'infante Federico III tolse il fondo di Aci ed il relativo castello ai vescovi di Catania e lo concesse all'ammiraglio come premio per le sue imprese militari. Però tra il giovane sovrano e Ruggero si instaurò da subito un pessimo rapporto e quando quest'ultimo passò dalla parte degli angioini, il re fece espugnare il castello 1297 entro il quale si erano asserragliati i ribelli. Per riuscire nell'impresa il re fece costruire una torre mobile in legno, chiamata cicogna (essa era alta quanto la rupe lavica ed aveva un ponte alla sommità per rendere agevole l’accesso al castello).

In seguito Ruggero si trincerò a Castiglione di Sicilia, suo feudo e residenza estiva, dove venne assediato e quindi sconfitto dal futuro re di Sicilia, Federico. Ruggero fu arrestato, ma fuggì da Palermo e abbandonò la Sicilia. I suoi numerosi possedimenti in Sicilia, Calabria e Africa vennero subito confiscati da parte di Federico. Ruggero passò al servizio del re d'Inghilterra Edoardo I per combattere i francesi. Nonostante le sue promesse, non si impegnò nella lotta. Nel 1299, a capo di un'armata Angioina, vinse gli Aragonesi nella battaglia di Capo d'Orlando catturando ben 18 galee. Il 4 luglio del 1300, nella battaglia di Ponza, Ruggero sconfisse la flotta di Federico, catturando il sovrano e Palmiero Abate. Il re riuscì a fuggire, mentre Palmiero morì in prigionia. Il 31 agosto del 1302, con la pace di Caltabellotta che chiuse la lunga guerra del Vespro, Ruggero fece atto di sottomissione a Federico di Sicilia, che gli rese i possedimenti confiscati. Nell'estate del 1303 organizzò una spedizione e partì da Messina in soccorso dell'imperatore bizantino Andronico II, allora sotto scacco degli angioini ad ovest e dei turchi ad est. La spedizione permise a Ruggero di accrescere il proprio prestigio divenendo cesare, e signore dell'Anatolia, ma attirandosi l'odio del successore di Andronico, Michele IX. Sulla fine di Ruggero vi sono versioni discordanti. Egli infatti potrebbe essere morto a Valencia, alla corte d'Aragona nel gennaio del 1305, oppure potrebbe essere stato assassinato nell'aprile del 1305 da una congiura di corte ad Adrianopoli, organizzata dallo stesso Michele. Condusse numerose imprese, fra le quali si ricordino, oltre quelle citate: la battaglia navale di Malta, la conquista di Djerba (Tunisia), la battaglia navale di Barcellona e Capo San Sebastiano. Tuttavia la sua carriera è macchiata, secondo alcuni storici, da eccessiva avarizia, scorrerie sui mari, saccheggi e spietate distruzioni, volti a privati vantaggi che rendono molto controverso un giudizio concorde sul suo profilo.                                                                                                                        

Da una recente ricerca effettuata dal M° Silvano Marchese è emersa una composizione del 1978 dedicata all'Ammiraglio dal titolo:"Roger de Lauria" (marcha cristiana) del compositore spagnolo José Maria Valls Satores (1945 - vivente). La registrazione, conservata begli archivi della sede dell'Associazione Mediterranea, è stata effettuata dalla "Banda de Mùsica La Sociedad Uniò Musical de Alcoy.

 

RUFFO

 

La grande Casa Ruffo sulla quale troppo vi sarebbe da scrivere è di origine Romana, per alcuni storici essi discendono infatti dalla Jens Rufa.

Con Carlo I d’Angiò si affermarono nel Regno come una grande potenza familiare, ma raggiunsero il loro apogeo combattendo accanto all’imperatore Greco contro i Saraceni nel 1014.

Oltre a cariche religiose importantissime, come la porpora cardinalizia, e riconoscimenti come il Toson d’oro, essi eressero molti monumenti in Francia e in Italia, dove godettero di nobiltà a Napoli, Roma, in Sicilia, Calabria e Lombardia.

A questa Casata appartennero uomini d’armi, di studio, politici, e diplomatici, ed ecclesiastici, come il famoso cardinal Ruffo.

I principi Ruffo annoverano inoltre parentele illustrissime, come l’attuale Casa Regnante Belga, Attraverso il matrimonio tra appunto Paola Ruffo di Calabria, e S.A.R. Alboino.

Per alcuni storici addirittura la Casata Ruffo è stata la più importante in meridione dopo quella dei sovrani di Borbone.

 

 

AMATO o DE AMATO

 

Nel 1461 Re Ferdinando concesse a questa famiglia il feudo della Corrija, posto in territorio di Badolato, oggi compreso nel comune di Isca Ionio.

Però la bolla di investitura prevedeva la sola limitazione a succedere nel feudo, alla sola linea maschile.

Altro feudo detto Amato, sempre posto nel territorio di Badolato, fu concesso da Carlo V per meriti dimostrati da Antonello nella battaglia di Pavia, dopo la rotta data a Francesco I Re di Francia, a opera degli Imperiali.

Nel 1653 Giulio Amato era rettore del Beneficio sotto il titolo di S. Antonio, eretto entro la cattedrale di Squillace.

 

 

TORALDO

 

Giunti nel Regno con l’imperatore Federico II che ha dato loro ricchezze e feudi, gli uomini di questa famiglia si sono distinti negli studi, nella diplomazia, nella politica, e nella guerra.

Il loro patrimonio si estese particolarmente il 1465, quando un Giorgio ebbe per moglie Margherita Ruffo, figlia del marchese di Catanzaro, che portò in dote altri feudi e due Castelli in Calabria.

Filippo vescovo di Sessa nel 1384, Baldassarre Cardinale nel 1400.

Antonio luogotenente del Regno di Napoli nel 1400. 

 

 

BORGIA

 

Casata di origine Spagnola originaria di Valencia, compare in Roma con un Clono de Borja il 1387 Papa poi nel 1487 col nome di Callisto III

Raggiunsero la loro massima potenza col famigerato Rodrigo, che corrompendo gli elettori divenne Papa nel 1492 col nome di Alessandro VI

Questi condusse una vita fastosa e dissoluta, ebbe varie amanti, tra cui Vannozza Cattanei e Giulia Farnese, soprannominata col termine blasfemo sposa di Cristo, governò con lo scopo di arricchirsi e assicurare ai suoi figli le posizioni più importanti e prestigiose, anche a danno della chiesa.

Spietato e astuto politicamente, ricorse a qualsiasi mezzo per ottenere i suoi scopi, perpetrò confische di feudi, assassini di oppositori o personaggi scomodi.

Si alleò coi Francesi per avere maggiori vantaggi, fece nefandezze e scandali, tanto da attirare le accuse della Savonarola, morì poi improvvisamente il 18 agosto 1503 per avvelenamento.

Ebbe tre figli, Juan, Cesare e Lucrezia, Cesare duca di Valentinois uccise il fratello, per prenderne il potere e le ricchezze, scellerato e ambiziosissimo, cercò di creare un Regno in Italia centrale, attraverso una politica subdola e criminale, costellata di guerre, uccisioni, avvelenamenti, ed esecuzioni sommarie.

Conquistò molte città e cittadine della Romagna, della quale divenne poi il Duca, seguitò successivamente a invadere alcune città delle Marche, dell’Umbria e ad assediare alcuni castelli del Lazio.

Profondo conoscitore di pasture e miscugli velenosi, e degli effetti causati dal loro uso, si racconta non esitasse ad assumere piccole dosi quotidiane di veleno, per immunizzare il proprio corpo, nell’eventualità in cui venisse avvelenato.

Cosa che puntualmente si verificò, ma senza procurargli la morte, si racconta invece che il veleno provocò sul viso macchie orribili, che lo costrinsero a portare per un periodo un inquietante maschera nera.

Ma il terrore legato al suo nome, tramontò con la morte del padre, che lo aveva sempre protetto e appoggiato politicamente.

Celebrato ne il Principe di Machiavelli come modello di condottiero abile e spietato, Cesare morì in una imboscata in Spagna, alle dipendenze del Re di Navarra suo cognato, presso il quale si era rifugiato dopo la morte del padre.

Lucrezia 1480- 1519 a tredici anni sposò il duca Sforza, matrimonio sciolto il 1497 per motivi politici.

Si sposò in seconde nozze, sempre per motivi politici con Alfonso, duca di Milano, ma anche questo matrimonio fu poi annullato, e Lucrezia per volere del padre andò nuovamente in sposa il 1501 ad Alfonso d’Este duca di Ferrara, con lo scopo di creare un alleanza politica che avrebbe aperto al fratello Cesare la strada per la conquista della Romagna.

Anche se fu strumento politico prima del padre e poi del fratello, Lucrezia fu innamorata e sposa fedele di quest’ultimo marito.

I Borgia furono i massimi rappresentanti di quella politica rinascimentale, cinica e senza scrupoli, legata ad assassinii, guerre, congiure, avvelenamenti, coltelli, e spietati sicari.

Lasciano il ricordo di una famiglia bramosa di potere, e segnata dal sangue.

 

 

PIGNATELLI

 

Antica Casata di origine Longobarda, diramatasi in Italia in moti rami, nel 1102 Lucio Pignatelli fu Contestabile della repubblica Napoletana.

Giunsero a Roma con Antonio, il 1615-1700 vescovo di Faenza, e arcivescovo di Napoli, papa col nome di Innocenzo XII.

Egli impose ferree regole per il clero, imponendo la veste talare, curò le vie di comunicazione, in particolare i lavori di collegamento tra l’Appia vecchia e la nuova, che chiamò appunto Appia Pignatelli.

Dalla stirpe di Riccardo 1250 discendono Tommaso, governatore d’Asti nel 1431 e i suoi figli, Stefano Riccardo, e Palamede.

 

 

RAVASCHIERI

 

Badolato appartenne anche al principe Ettore Ravaschieri di Belmonte, discendente dai banchieri Milanesi fin da 1596.

Il 1611 ebbe in concessione il titolo di principe, e quello di duca di Cardinale da Re Filippo III.

Ettore II governò Badolato in un periodo difficile segnato dal vaiolo e dalle carestie.

Francesco II si sposò con Zenobbia Filangeri il 1723.

Il figlio Filippo, fu l’ultimo principe della Casata 1771.

 

 

GALLELLI

 

Antica e potente casata feudale calabrese, originaria Dalmata di Zara, ove i suoi membri sono elencati nel censimento nobiliare del 1283. Casata facente attualmente parte della famiglia pontificia, infatti ricevuti col titolo di baroni di Badolato, nei Parafrenieri Pontifici di Sua Santità, (prestigioso collegio accorpato a quello dei Sediari, addetti alla rappresentanza del cerimoniale in anticamera pontificia).

E' una delle poche casate italiane, che dunque possiede presso le proprie residenze il trono episcopale, che il prestigioso seggio realizzato in stile barocco, con preziosa foglia d'oro ed elegante velluto rosso, tradizionalmente presente presso le residenze dei membri della famiglia pontificia, storicamente riservato alle visite del papa, o degli alti dignitari dell'anticamera di sua santità. Secondo un antica usanza, esso è rivolto verso la parete, e girato solo in occasione di codeste visite. Nei secoli i Gallelli si cognominarono con aggiunte e abbreviazioni quali: Gallellus, Gallus, Gallis, Gallello, Galleli e in ultimo Gallelli, e vennero elencati tra i più facoltosi già nel censimento nobiliare Zaratino del 1283.

Famiglia in possesso della patente di nobiltà, certificata dal Ministero Italiano per i Beni e Attività Culturali, in data 22.01.2016.

ARMA ANTICA: di rosso, al gallo d'argento, fermo su un monte all'italiana, di verde.

ARMA ATTUALE: troncato; nel primo d'oro all'aquila spiegata di nero; nel secondo d'oro alla volpe assalente di rosso, con la testa rivolta verso un gallo dello stesso, fermi su una terrazza erbosa di verde.

In ogni tempo diedero uomini che ricoprirono importanti e prestigiosi incarichi ecclesiastici, giuridici, diplomatici, militari e politici, ed ebbero nei secoli i titoli di nobili di Zara, conti di Pago e Nona, nobili di Stilo, e baroni di Badolato, con annessa Corrija di Badolato. Vantano numerose e illustri parentele, alcune delle quali di egual tradizione terriera, tra le più note quelle coi marchesi Alemanni di Catanzaro, i principi Ruffo della Scaletta, i nobili de Salazar, i nobili Marincola S. Floro, i duchi Morbilli a Frosolone, i marchesi de Riso, i Benso, i baroni Corsi di Turri e Moggio, i principi Cenci Bolognetti di Vicovaro, quest'ultimi due a loro volta imparentati con la Real Casa d' Asburgo-Lorena, i principi Hoenlohe-Bartenstein, i principi de Sangro-Fondi, principi Colonna- Paliano, marchesi Malvezi Campeggi, Sacchetti, principi Barberini, principi Massimo-Lancellotti, ecc. ecc. Alcuni membri di questa stirpe furono influenti ambasciatori di Zara presso la Repubblica di Venezia, altri invece assursero alle cronache di quei luoghi tra i maggior oppositori politici al potere veneto, che si affermò in quei territori indebolendo l’indipendenza economica e politica della Dalmazia, e quindi della nobiltà locale. Tra gli antenati più conosciuti, Lampridio de Gallellis che il 17 0ttobre 1154 divenne primo arcivescovo di Zara, e poi vescovo, quando il Pontefice Anastasio IV con la bolla “Licet universalis ecclesiae pastor” inalzò la chiesa di Zara al grado di chiesa Metropolitana. Cernye de Merghia Gallellus il 29.3.1294 fu tra i nobili Zaratini presenti al trattato di pace tra la Repubblica Veneziana, e Giorgio I conte di Bribir della stirpe Subic. Vito Gallelli, fu invece esaminatore nel 1317 e giudice nel 1333, ebbe i possedimenti nella zona di Obrovac. Kolan, che nel 1340 ottenne il titolo di conte delle importanti isole di Pago (Pag) e Nona (Nin) strategiche per per l’area, successivamente ricevette da re Ludovico I il feudo nella zona di Kosuevo, con le fonti di acque minerali, territori che il casato amministrò fino alla fine del XVI secolo. Nel 1345 Zara ribellatasi all’occupazione Veneta, venne da questi cinta d’assedio, e il conte Kolan fu uno degli ambasciatori inviati dal consiglio superiore di Zara, al fine di cercare soccorsi, e intavolare quindi un alleanza contro i Veneziani, inizialmente col Vicario Croato Slavonico Dalmato, e successivamente con Ludovico I sua nota conoscenza. Il 15. 12. 1349 il conte Kolan fu tra i nobili che rappresentarono Zara, e che firmarono il noto trattato di pace con la Repubblica Veneziana. Benedetto, conte di Pago e Nona, fu giudice nel 1371 e Rettore nel 1393, nel 1399 venne inoltre eletto nel prestigioso Consiglio Superiore di Zara, ma nel 1411 fu tra i nobili Zaratini accusati di cospirazione e infedeltà alla Repubblica di Venezia. Franciscus, temuto conte di Pago e Nona (detto il conte nero) venne segnalato al potere Veneto tra i più pericolosi fomentatori armati dell’indipendenza politica Dalmata, e fu il personaggio col quale il casato si trasferì in Calabria alla fine del XVI secolo, per motivi politici. Ivi giunti i Gallelli si stabilirono inizialmente a Stilo, dove vennero censiti tra i nobili di quella città. Il 26 novembre 1658 i Gallelli furono investiti del titolo di baroni dell’importante ed esteso feudo di Badolato, (come retro feudatari dei Ravaschieri), feudo che con la politica espansionistica dei Ruffo, aveva nel tempo egemonizzato anche alcuni paesi limitrofi, incluso il loro vasto territorio, (i così detti casali.)

Con don Luca, primo barone Gallelli di Badolato il casato amministrò il feudo per ultimo, fino all’eversione della feudalità, (1806) usando ab immemorabili sempre il titolo e il trattamento di baroni di Badolato in atti pubblici e privati. Furono anche titolari di una cappella di Giuspadronato con annessa tomba gentilizia, nella chiesa del venerabile convento di S. Domenico, nonchè ultimi proprietari del medioevale castello di Badolato. In Badolato alzarono inoltre monumenti, palazzi, e castelli neogotici. Furono feudatari illuminati, migliorarono infatti gli scambi commerciali, e posero in sicurezza le genti e le cose del borgo e del territorio loro concesso, sul quale avevano il diritto di amministrare la giustizia, adunare il popolo, indire i mercati, riscuotere i dazi, accorrere con armati, e ove necessario muovere guerra. Tra gli ultimi discendenti si ricordano: il barone don Giuseppe, n. a Badolato il 5.1.1870 cav. della corona d’Italia, avv. Sindaco di Badolato e stimato latifondista, f. del barone Pasquale, e Giovanna Gallelli. Sp. A Caulonia il 18. 7.1834 la nobile Marianna Campisi n. a Caulonia il 18.7.1834 da Ilario e Agata Asciutti. Da quest’unione vede la luce il barone don Pasquale n. a Badolato il 27.1.1866 cav. Della corona d’Italia, sindaco di Badolato, stimato latifondista, e ideatore a sue spese nel 1925 dell’ avveniristica centrale idroelettrica del Romito, in grado di fornire elettricità a diversi comuni della fascia Ionica, della provincia di Catanzaro, una delle prime del meridione, rimasta di proprietà della famiglia fino al 1963, quando venne espropriata e nazionalizzata dall’E.N.E.L.; sp. a Catanzaro la nobile Lucia dei marchesi Alemanni, e baroni di Tiriolo, f. del marchese Michele, e donna Agata Ruffo dei principi della Scaletta. Questi, furono una facoltosa famiglia Catanzarese, originaria di Firenze, ivi presenti con 2 Gonfalonieri e 20 Priori, ricevuta nel S.M.O.M. nel 1441 con Galeazzo. Da quest’unione vede la luce il barone don Giuseppe n. a Badolato il 7.12.1905 latifondista, sp. a Pompei il 25.06.1938 la nobile Trieste Iolanda de Salazar, n. a Catanzaro il 29.2.1916 dal nobile don Giovanni e Carolina Tiriolo. I de Salazar sono il ramo Catanzarese dell’illustre e nobile famiglia dei Salazar y Munatones, originari della Spagna, e precisamente della vecchia Castiglia, giunsero in Italia a seguito del Re d’Aragona nel XVII secolo. Furono più volte ricevuti nel S.M.O.M. al quale diedero anche un Gran Balì, nella persona di Edoardo Salazar, ammiraglio della Regia flotta nel 1934. Da quest'unione derivano gli attuali rappresentanti:

1)-Vittorio (29.mar.1939-20dic.2017); imprenditore agrario, sp. a Roma il 28 feb.1973 la Nob. Daniela dei Conti Benso n. a Torino il 5.mag.1945, figlia del Conte Alberto Benso e Gabriella Trevisan.

 

Figli:

1-a)- Barone Ettore n. a Trieste il 13.08.1973, Parafreniere Pontificio di Sua Santità Papa Francesc, cav. Jure Sanguinis del S.M.O.C. di S. Giorgio (Gran Maestro l'Infante di Spagna); cav. di Malta ad Honorem della Reale Arciconfraternita dei cavalieri di Malta di Catanzaro.

Imprenditore agrario a titolo principale, proprietario di castello Gallelli della tenuta di Pietranera di Badolato, fondatore del marchio Castello Gallelli-grandi eventi; Presidente fondatore dell'Associazione Storica di Badolato Benedetto Croce, Presidente fondatore del Club Calabrese per la caccia alla volpe a cavallo, della tenuta di Pietranera, Presidente delegato dell'Unione della Nobiltà d'Italia, Presidente delegato del Collegio Araldico Romano-Istituto Araldico Romano-1853, Presidente della Commissione Araldica del Libro d'Oro della Nobiltà Italiana-nuova serie, e della Rivista Araldica-nuova serie, proprietario del marchio editoriale Ettore Gallelli-editore, autore-editore del maggior numero di periodici, nobiliari, nazionali, in commercio, tra i più noti:

il Calendario Pontificio, edito co supervisione della santa sede, e l'Anuario de la Nobleza Espanola, edito con gradimento scritto di S.M. Felipe VI di Spagna.

Con (D.P.R. Del 22 nov. 1999 di agg. il cogn. Meterno Benso); e con Decr. della prefettura di Catanzaro in data 4 maggio 2011 di agg. del cogn. dell'ava de Salazar, in ottemperanza alla volontà delle famiglie Benso e de Salazar. Sp. a Roma il 9.6.2007 la Nob. Isabella dei Baroni Corsi di Turri e Moggio, n. a Roma il 27 nov. 1976; imprenditrice, figlia del Barone Stefano n. a Roma il 30.giu.1945 sp. a Roma il 25.ott.1975 Donna Fabiola Cenci Bolognetti dei Principi di Vicovaro, n. a Roma il 7.apr.1954, figlia del Principe Don Paolo Cenci Bolognetti (Guardia nobile Pontificia), e di Giovanna Malvezi Campeggi, dei marchesi di Dozza. Da quest'unione vede la luce il Nobile Lorenzo Gallelli Benso de Salazar n. a Roma il 26 giu. 2010.

2-b)- Nob. Don Alberto Gallelli Benso, dei B. di Badolato (D.P.R. Del 22 nov. 1999 di agg. il cogn. Meterno Benso); n. a Trieste l’8 novembre 1975, imprenditore, vicepresidente dell'Unione della Nobiltà d'Italia, e del Collegio Araldico Romano-Istituto Araldico Romano -1853, cav. Jure Sanguinis del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio dell'Infante di Spagna.

2)-Sorella: Nob. Donna Lucia, dei B. di Badolato, n. a Catanzaro il 26 ott. 1941, Prof.

Fratelli:

3)- Nob. Don Ettore dei B. di Badolato, n. a Catanzaro il lug.1945 dec. il 26.lug.1973.

 

(Cenno storico tratto dall'Annuario della nobiltà Italiana)

 

FONTI

 

Libro d'Oro della Nobiltà Pontificia (tutte le edizioni)

Albo d'Oro delle Dimore Storiche Italiane (tutte le edizioni)

Calendario Pontificio (tutte le edizioni)

Castellum (periodico dell'Istituto Italiano dei castelli).

Guida ai castelli d'Italia-2004-di Enrica Roddolo.

Giuseppe D'Angelo, Castellammare di Stabia, luogo d'arte cultura e tradizione, Castellammare di Stabia, Longobardi Editore, 1997. ISBN 88-8090-068-4

Enciclopedia della calabria fortificata-Edizioni Monografh 1979.

Anuario de la Nobleza-edizioni 2014-2015-2016 -Gallelli-editore.

Libro d'Oro della Nobiltà Italiana-nuova serie corrente 25esima edizione 2015-2019.

Annuario della Nobiltà Italiana-edizioni S.A.G.I. (tutte le edizioni, esclusa quella del 2000).

Libro d'Oro della Nobiltà Italiana-Consulta Araldica del Regno d'Italia- serie aggiornata, edizioni 2011-2012-2013 Ettore Gallelli-editore.

Elenco Ufficiale della Nobiltà Italiana Consulta Araldica del Regno d'Italia- serie aggiornata edizioni 2012-2013 Ettore Gallelli-editore.

Calendario d'Oro-edizione 2014-2015-2016 -Ettore Gallelli-editore.

Calendario Reale-edizione 2015-2016-Ettore Gallelli-editore.

Elenco Nobiliare regionale, di Alessandro Crisafi-2016.

Elenco dei titolati Italiani-Accademia Araldica Italiana. Edizioni 2014-P.F. Guelfi Camajani.

Elenco dei titolati Italiani-Accademia Araldica Italiana. Edizioni 2011-P.F. Guelfi Camajani.

Elenco dei titolati Italiani-Accademia Araldica Italiana. Edizioni 2008-P.F. Guelfi Camajani.

Libro della Nobiltà Italiana-edizione 2015-Ettore Gallelli-editore.

Regio Libro d'Oro della Nobiltà Italiana-edizione 2013-Ettore Gallelli-editore.

Nobili Napoletani di Paolo Cavallo-edizione 2015.

Gallelli: volti di un casato, di Giovanni Grandi-2015.

Registro Ufficiale degli Ultimi feudatari di Badolato-2014-Ettore Gallelli-editore.

Decano Nobiliare Calabrese (edizioni 2012-2013-2016)-Ettore Gallelli-editore.

Storia dei baroni Gallelli di Badolato, di Bruno Russo -2012.

Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria (volume quinto S-Z Mario Pellicano Castagna 2013).

Rivista Araldica-nuova serie n. 869-Ettore Gallelli-editore.

Bollettino Ufficiale U-N.I. (Unione della Nobiltà d'Italia).

Rivista Araldica del collegio araldico Colonnello Bertini Frassoni-1991-2016.

Catasto Onciario di Badolato.

Elenco Ufficiale dei Parafrenieri Pontifici.

Elenco Ufficiale delle Guardie d’onore alle Reali tombe del Pantheon.

Elenco Ufficiale dei cav. jure sanguinis, del S.M.O.Costantiniano di S. Giorgio, Spagna.

Elenco Ufficiale dei cav. di Malta della Reale Arciconfraternita di S. Giovanni in Catanzaro.

Il legittimo esercizio del Gran Magistero del Sacro Militare Ordine Costantiniano di S. Giorgio.

Di Alfonso Marini Dettina, Libreria editrice vaticana, 00120 citta’ del Vaticano.

Gli ordini cavallereschi di uso legittimo in Italia, di Luciano di Poli. Tipografia dell’ orso.1991.

Archivio Araldico Vallardi.

A. L. G. C. di Guelfi Camaiani edizioni 2006.

Storia di Badolato medioevale e moderna, di Antonio Gesualdo. Edizioni frama sud 1986.

Storia di Badolato dal medioevo al 900 di Antonio Gesualdo, edizioni Frama sud 1986.

Storia politica di Badolato dal 1799 al 1999 di Antonio Gesualdo.

Storia medioevale di Badolato dal 1099 al 2009 -di Antonio Gesualdo.

La nobilta’ di Zara, Hrvatski, Biografski leksikon Zagreb. 1998.

Enciclopedia della Calabria fortificata, edizioni Monograpf. 1979.

Storia di Zara dal 1409 al 1797, Milano 1944. di Angelo de Benvenuti.

Armonial de la nobles Polonaise, di Paproki.

Cronotassi dei principali magistrati che ressero e amministrarono il comune di Savona-Vittorio Poggi.



Storico prof. Antonio Gesualdo.


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